La prima volta che ho scritto sul Jonathan Rizzo poeta, non ho potuto fare a meno di citare il principe della poesia Arthur Rimbaud, più precisamente “Testa di fauno”: «Un fauno attonito mostra i suoi due occhi\E morde i fiori rossi coi suoi denti bianchi\Brunito e sanguinante come un vecchio vino\Il suo labbro scoppia in risate sotto i rami...» Questi versi danno l’idea di libertà dell’immaginario, della visione irreale e poetica che emerge anche nei versi del poeta parigino di origini elbane.
Cresce e studia a Firenze fino alla Laurea magistrale in Scienze storiche, ha scritto e pubblicato gran parte delle sue opere tra Bologna, Firenze e Parigi. Nel 2016 dall’Italia si è trasferito in Francia per scrivere il suo primo libro, L’illusione parigina. Poeta e narratore, autore prolifico, con Ensemble ha pubblicato le raccolte poetiche: La giovinezza e altre rose sfiorite (Ensemble, 2018) e Le scarpe del Flâneur (Ensemble, 2020). Le poesie che prenderemo in considerazione in questo articolo sono tratte da I Blues, un volume che conclude la “Trilogia dell’Innocenza”.
Più di una volta nei suoi versi si è definito come un’anima vagabonda dal pensiero errante che fa della sua passione un “prezioso” tentativo suicida: «Ho un impegno con me stesso,/sono appena all’inizio/di un prezioso processo/di autodistruzione... Se vedo costa/se tocco riva/devio senza sosta,/mi faccio male ad arte.»
I componimenti contenuti nella raccolta di poesia I Blues, editi Ensemble, Roma (2023) sono poesie per senzatetto, senza amori a cui impiccarsi, ballate irriverenti che si sciolgono al sole come orologi cocenti, futuristici, fanno il verso ai Blues di Kerouac «da leggere così, senza la pretesa di una presa logica sul senso delle cose» come scrive Marco Incardona nella prefazione.
In questo terzo atto poetico definito dall’autore stesso Trilogia dell’innocenza, il poeta lotta, mastica e sputa poetiche taglienti come lame di rasoio: «A volte ai bambini/ bisogna mentire/per tenerli buoni./Questo fanno gli adulti…»
Cos’è la pazzia, se non una forma suprema di intelligenza, pazzo come l’Orlando questo poeta, pazzo di vita, affamato di emozioni al punto che si ritrova a vagare durante le sue notti insonni a caccia di fantasmi maliziosi che divorano la nebbia tra le ombre dei vicoletti Parigini.
I versi raccolti in questa pubblicazione sono istantanee irripetibili, sogni abusivi che fanno riferimento al genere blues alla frase «to have the blue devils(avere i diavoli blu)» un modo popolare di un tempo passato per dire: essere triste, agitato, depresso, espressione che fu coniata nel XVII secolo, che indicava uno stato di agitazione febbrile dovuto all’alcol.
Un colpo di genio
Ci vorrebbe un colpo di genio.
Non è una citazione cinematografica.
Sento spesso attorno
un grado di sfiducia insopportabile.
Quello è il segnale di come sia nel giusto.
Più persone si oppongono ad un desiderio
e maggiormente si deve prendere coscienza
della bontà nel desiderare.
Ma servirebbe proprio un colpo di genio,
mi sento così solo.
Stasera i miei blues bruciano incenso,
mica paglia e fieno.
Ho perso la casa,
la quinta quest’anno,
tre a Parigi, una a Bologna e quest’ultima fiorentina.
Le radici intanto rimangono ad affogare nel salmastro
elbano[...]
Jonathan Rizzo, Poesia da I blues, Ensemble, 2023
Anche Jonathan Rizzo non ama usare orpelli in fatto di poesia, abile paroliere, il suo è un richiamo sciamanico della memoria, riesce ad alternare alti e bassi nei suoi versi, senza nessuna paura di mettere in musica il proprio dolore, quasi ad esorcizzare ogni sanguinante ferita dentro una vasca colma del proprio sangue.
Il dolore come modo di essere, una forma creativa che alimenta la fiamma della poesia: « Chi è questa ragazza così gentile\che mi distoglie dai miei dolori? Perché non mi lascia morire\nello scorrere\abitudine del vivere...»
Il dolore è una specie di esaltazione verso la vita, una ricorrenza da sconfiggere ad ogni costo, ed il poeta lo sa, ci si aggrappa con tutte le sue forze, nonostante la stanchezza, l’anima zoppa. L’amore qualche volta s’incontra con il dolore ed è proprio in questi attimi che nascono le più struggenti e disperate parole d’amore.
Si tocca con mano, intriso nei versi, lo stato di smarrimento, questa rabbia romantica, lo spleen tipico dei poeti maledetti d’altri tempi, che lo collocano lontano dalla finzione contemporanea attraverso la differenza d’animo e di fede. Uno stato allucinatorio, malinconicamente poetico che viene riassunto attraverso la sua scrittura in versi spietatamente ubriachi di vita:
Sogni abusivi
[…] Siamo sogni abusivi
senza permesso di soggiorno
scivolato di tasca in una lacrima
affogata ai margini di quel bosco.
Torniamo la sera,
malinconici e fottutamente ubriachi,
alle nostre case di periferia
ai ricordi sotto superficie,
alle ripetizioni di giudizio
fino ad imparare a contare
i giorni da superare
ed il loro supplizio,
la cacciata dal paradiso.
Dobbiamo fare i cani svegli
e mostrare bene i denti gialli
da poveri e deficienti,
perché l’inferlo è un motel
con la scritta completo,
ed io non rivedrò più
il bosco di L’Orléans.
Jonathan Rizzo, Poesia da I blues, Ensemble, 2023
Come un gitano di Boemia, questo poeta, vive nella sua lacerazione tra letterato e artista, in una società votata alla distruzione di ogni fantasia letteraria, che inneggia all'annichilimento dell’individuo, avvilendo ogni immaginazione, Rizzo incarna tutta la ribellione del nostro secolo, in sistematica opposizione ai poeti tradizionali, i così detti “poeti da salotto” o “poeti commerciali”.
Ogni valore e costume del buon senso viene sgretolato in questi testi, come polvere al vento, una pozione di vigore che deve essere assaporata tutta d’un fiato. Echeggia tutto il disordine e l’anticonformismo del parallelo francese di bohème: «Bisogna conoscere la direzione del vento,\assaggiarla con le dita.\La vita è un eterno bivio\in cui ponderi la via\mentre col passo sicuro\dalla direzione certa,\uno zoppo claudica\verso la sua solitudine\per sparire dal palcoscenico\ dalle luci stroboscopiche.»
In conclusione, è proprio questa forza che genera inquietudine ad avermi affascinato nelle parole di questo buon poeta; questa voglia di rivalsa personale. La scrittura come antidoto ai veleni della vita. La sopravvivenza legata alla poesia attraverso la parola incisa sulla carta.
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