C’è chi ha saltato l’orale della maturità perché febbricitante, chi per un attacco di panico, chi perché il giorno prima aveva confuso il metadone con la camomilla. E poi c’è Gianmaria Favaretto, da Padova, che ha deciso di non presentarsi al colloquio dell’Esame di Stato per protesta contro un sistema scolastico “classista e borghese”. Un gesto che qualcuno – probabilmente in preda a una crisi glicemica – ha definito “rivoluzionario”.
Ora, fermiamoci un secondo. Davvero.
Un ragazzo non si presenta all’orale dell’esame, dichiara che lo fa per principio, e la stampa impazzisce: è il nuovo Che Guevara, dicono. Qualcuno tira fuori Pasolini, altri Pavese, e qualcun altro si azzarda perfino a scomodare Gramsci. Ma a guardar bene, il gesto di Gianmaria sembra più una scusa ben confezionata per evitare di parlare davanti a una commissione che – diciamolo – già fatica a distinguere tra Foscolo e Fedez.
Altro che rivolta ideologica. Questa non è rivoluzione, è pigrizia ben vestita.
Certo, la scuola italiana ha i suoi problemi: è vecchia, stanca, ogni tanto cade a pezzi, come certi professori che citano Seneca per poi non saper accendere un proiettore. Ma se vogliamo davvero cambiare il sistema, serve qualcosa di più solido di una rinuncia teatrale e un post su Instagram.
E poi, basta con questo ritornello stonato su “classismo e borghesia”. Ogni volta che uno studente inciampa in sé stesso, ecco che spuntano le parole magiche: oppressione, sistema, disuguaglianza. Sembra di vivere in un eterno laboratorio di sociologia, dove ogni atto viene analizzato con la lente del conflitto sociale. Ma no, ragazzi. A volte uno non fa l’orale semplicemente perché non ha studiato.
Intanto, mentre discutiamo se Gianmaria sia un profeta o un paraculo, i dati ISTAT ci sbattono in faccia una realtà un po’ meno affascinante: il livello medio di cultura tra i giovani è in calo, la comprensione del testo rasenta quella di un tostapane, e la lettura di libri cartacei è considerata una pratica esoterica, tipo il culto di Cthulhu.
Gli stessi ragazzi che oggi inneggiano a Gianmaria passano 12 ore al giorno davanti a uno schermo, cambiano idea politica ogni tre TikTok e credono che “La Fattoria degli Animali” sia un reality show con galline e influencer. Altro che rivoluzione: questa è la resa.
Volete fare davvero la rivoluzione? Cominciate spegnendo il telefono. Provate a leggere un libro intero – senza audio, senza sottotitoli, senza che vi appaia il faccino di uno youtuber che ve lo spiega con le emoji. Provate a pensare con la vostra testa, ma non per diventare martiri da social, bensì perché il pensiero critico non ha bisogno di essere “carino”, né “condivisibile”: ha bisogno di essere autentico.
Gianmaria non ha fatto l’orale. Bene. Nemmeno Bukowski l’avrebbe fatto, ma per motivi molto più onesti: avrebbe preferito andare a bere.
E forse sì, aveva più senso.
RACCISKY
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