Fa un certo effetto addentrarsi in
questo quaderno di radici nel
movimento massimo del pensiero poetico naturalistico e innovativo, in un
perdersi di tronchi cavi, bocche e mani
che si spinano nell'olocausto di parole che Tiziano Fratus traccia a più riprese vagliando gli strati di due
tipi di corteccia, la corteccia degli
alberi che lui stesso conosce benissimo avendo pubblicato più di 15 titoli
legati alla natura e all'identità degli alberi monumentali tra qui “Homo Radix”
appunti per un cercatore di alberi(2010) o “il manuale manuale del perfetto
cercatore di alberi” (2013), e la
corteccia umana di chi vive abitando
la carta e la penombra.
Questa raccolta di versi esordisce
con degli autoritratti notevoli dove
l'autore s'identifica con l'essenza arcana di questi colossi di madre terra,
“osserva questi uomini radice/che perdono
l'uso della parola,/radicano sul pc e invecchiano[...]” Lui che dichiara
nella sua poesia “Autoritratto di paesaggio con gelso” ha cominciato a respirare nel tronco cavo d'un gelso, è divenuto già
da tempo un cercatore d'alberi secolari
e continua a misurare, censire e fotografare anche con la poesia queste opere
d'arte della natura.
La sua è una scrittura
sovraccarica di significati, sostenuta e sensata ma senza mediazioni, che assolutizza
il rapporto tra l'uomo e questi esseri arcaici.“Reclamo che il mio peso/ venga valutato in radici” si legge in una
delle sue preghiere come un epitaffio per i posteri, coloro che verranno e
potranno gustare i suoi testi a percepire non solo tutta la sua verve da
navigato esploratore ma anche le sue acute riflessioni lasciate sgranare come
un rosario parola dopo parola lungo ogni testo[...]
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